La programmazione e la valutazione della qualità conta anche ai fini della determinazione delle tariffe pubbliche.
Leggiamo nello schema di decreto legislativo di riordino della materia dei servizi pubblici locali di rilevanza economica, approvato dal Consiglio dei Ministri il 16 dicembre scorso, che nell’organizzazione e nella erogazione dei servizi di interesse economico generale di livello locale dovrà essere assicurata la centralità del cittadino e dell’utente, favorendo anche forme di partecipazione attiva (articolo 3).
È stabilita l’emanazione di specifici indicatori e livelli minimi di qualità dei servizi, da parte delle autorità di regolazione, laddove previste in relazione alla tipologia di servizio se a rete o non a rete, e che, in ogni caso, gli enti locali e le altre istituzioni pubbliche competenti collaboreranno per la migliore qualità dei servizi pubblici locali (articolo 9), con il supporto delle Province che vengono pienamente coinvolte per le funzioni di raccolta ed elaborazione dati e assistenza tecnica e amministrativa agli enti locali del territorio, in attuazione dell’articolo 1, comma 85, lettera d), della legge 56/2014, che già prevedeva un’attività di supporto generale agli enti territoriali.
È interessante notare come la rilevazione della qualità dei servizi insieme ai risultati economici e al rispetto degli obblighi contrattuali, di cui ai contratti di servizio, costituirà un obbligo periodico annuale e, che, per gli affidamenti in house providing, tale ricognizione costituirà un’appendice alla revisione annuale delle partecipate ai sensi della Legge Madia.
Infine, nella determinazione delle tariffe dei servizi pubblici, all’articolo 26, viene richiesto di tener conto di diversi parametri e indicatori, e, allo scopo di conseguire il graduale miglioramento della qualità e dell’efficienza dei servizi, gli enti affidanti dovranno fissare modalità di aggiornamento delle tariffe con il metodo del «price cap», quale limite massimo di variazione di prezzo, tenuto conto del tasso di inflazione, degli investimenti, degli obiettivi di recupero di efficienza prefissato nonché degli obiettivi di qualità del servizio prefissati, definiti secondo parametri misurabili e non generici.
Il tema della “qualità” nei servizi erogati dalla Pubblica amministrazione è il tema centrale nell’ambito del sistema dei controlli interni voluto legislativamente sin dal lontano 1990 coi principi ispiratori della legge 142/ 1990, quando si incominciò a parlare di «economicità della gestione» della cosa pubblica e cristallizzato organicamente nel DI 174/2012, attraverso l’obbligo in capo agli enti locali dell’introduzione – in un’ottica sistemica – i vari controlli interni tra cui la “qualità”.
La qualità non si improvvisa, ma richiede una “programmazione” di fondo del “livello della qualità” che si intende assicurare, cercando di “capire” di cosa il cittadino-utente ha bisogno ( = pianificazione/programmazione), sforzandosi di “soddisfare” un più alto grado di bisogno ( = efficacia gestionale) e “recuperando” informazioni sul grado di soddisfazione della qualità percepita rispetto a quella programmata ( = customer satisfaction).
Senza la misurazione e la valutazione della qualità, non si arriverebbe a garantire la economicità della gestione né a parlare di “trasparenza” della gestione della cosa pubblica; il tutto rimarrebbe all’interno della Pa senza che per il cittadino-utente ci sia la possibilità di esprimersi, di “giudicare” e aiutare la stessa Pa a migliorarsi, facendo cose utili ( = efficaci), utilizzando bene le risorse a disposizione ( = efficienza), assicurando un più alto valore di qualità dei servizi erogati.
La “qualità”, se programmata e misurata, può anche garantire sviluppo socio-economico, strategia ed efficienza gestionale.
Non misurare la “qualità” fa perdere di vista il processo voluto dal legislatore di programmazione-gestione-controllo-ri-programmazione, interrompendolo a un certo stadio della sua evoluzione e non assicurando il feedback necessario per “capire” se tutto lo sforzo messo in campo dall’amministrazione pubblica ha funzionato o meno nell’ottica di chi – pagando le tasse e le tariffe – riceve i servizi pubblici, che devono – secondo le finalità della legge – essere protesi a garantire lo sviluppo economico, sociale e culturale della collettività amministrata.
Che sia questa l’occasione per mettere effettivamente “al centro” il cittadino-utente, grazie a una effettiva programmazione e valutazione della qualità dei servizi che gli enti unitamente alle proprie società in house, anche nell’ambito della propria autonomia, decidono di offrire alla propria collettività.
NT+ Enti Locali & Edilizia” – IlSole24Ore
del 22 Dicembre 2022
Ciro D’Aries