L’Amministrazione, in vista della scadenza del contratto, avrebbe dovuto, quantomeno, procedere con una comparazione pubblica
Rivestendo la gestione dello stadio un servizio a rilevanza economica di interesse generale, la normativa di settore impone la procedura a evidenza pubblica per l’affidamento. A questo riguardo l’Anac – con la delibera n. 194/2023 – ha rilevato forti criticità, in particolare:
- l’affidamento disposto in assenza di gara o altra procedura di selezione pubblica alla società gestrice, protratto nel tempo attraverso plurime illegittime clausole di rinnovo;
- la previsione di un canone concessorio irrisorio – del tutto simbolico – non rapportato alle modalità di gestione, alle potenzialità e ai rischi del servizio.
L’affidamento illegittimo proseguito senza gara
La gestione dello stadio comunale in esame è stato frutto di un affidamento diretto avvenuto nel lontano 2002 che prosegue, ancora oggi, in conseguenza di molteplici rinnovi eseguiti nel corso dell’ultimo ventennio. Sul punto, l’Autority ha denunciato il comportamento illecito tenuto dalla stazione appaltante che non ha mai proceduto a esperire alcuna gara o altra procedura di selezione pubblica, bensì ha proseguito nel rapporto con lo stesso operatore gestore, favorendolo, tra l’altro, per mezzo di condizioni economiche e giuridiche previste nel contratto di servizio che, a detta di Anac, hanno generato una situazione lesiva della concorrenza di mercato.
Considerato che la normativa di settore (Dlgs 38/2021), impone il ricorso alla procedura a evidenza pubblica – qualora oggetto di affidamento sia uno stadio comunale – l’Amministrazione comunale, in vista della scadenza originaria del contratto, avrebbe dovuto, quantomeno, procedere con una comparazione pubblica al fine di individuare la più ampia alea di soggetti disponibili alla gestione del servizio con aumento dell’efficienza, dell’efficacia, dell’economicità e della qualità del servizio, a tutela della collettività servita.
Non possono, dunque, farsi valere secondo l’Anac le tesi mosse dalla amministrazione comunale che ha sostenuto che, dati gli investimenti realizzati dal gestore per l’adeguamento della struttura, in seguito alla promozione di categoria della squadra calcistica, solo la società legata da sempre alla cittadinanza avrebbe potuto farsi carico di tali incombenti. Gli stessi, che denotavano un impianto passabile di sfruttamento economico, potevano trovare attuazione, anche migliore, mediante il ricorso al mercato e, quindi, a operatori qualificati e economicamente e finanziariamente in grado di sostenere i costi.
La concessione di servizi e il canone concessorio
Elemento di grande critica mossa dall’Autority, infine, è stato l’entità del canone concessorio stabilito per un valore meramente simbolico di 1 euro annuo. Sul punto appare evidente l’assoluta antieconomicità del canone concessorio per la stazione appaltante, atteso che lo stesso risulta assolutamente sproporzionato a ribasso, sia in relazione alla componente “beni” della concessione, che, soprattutto, che in relazione alla componente “servizi”. Questo tanto più considerando che, prima della recente proroga eseguita nel corso del 2017, l’affidamento lasciava gli ingenti oneri della manutenzione straordinaria in capo alla stazione appaltante con trasferimento al gestore dei soli oneri della manutenzione ordinaria e di quelli connessi alla gestione ordinaria della struttura. Pertanto, secondo l’Autority, considerato il ritorno sostanzialmente nullo per il Comune, a fronte degli elevati investimenti attuati, il canone concessorio sarebbe stato disposto ad esclusivo vantaggio del concessionario e, quindi, valutato in modo ampiamente sproporzionato rispetto alle potenzialità della struttura, della modalità di gestione prescelta nonché dei rischi del servizio. Al gestore, dunque, sono stati garantiti indiscussi vantaggi economici, dati dalla possibilità di sfruttare economicamente la struttura – percependo le entrate tariffarie, quelle pubblicitarie nonché i ricavi dell’attività di bar/ristorazione – a fronte di un valore del canone concessorio estremamente esiguo.
La predetta sproporzionalità, di certo, non sarebbe occorsa se il Comune avesse richiesto un canone di concessione più congruo o se si fosse aperto al mercato, in luogo degli affidamenti diretti/rinnovi compiuti nel corso degli anni, dove presumibilmente l’affidamento del servizio avrebbe potuto comportare un corrispettivo più adeguato.
Conclusioni
L’Anac, ricordando che l’affidamento di uno stadio comunale deve passare da una gara pubblica, richiama l’attenzione, per un più corretto rispetto della concorrenza, alla circostanza che il canone di concessione rappresenti un elemento capace di incidere significativamente sul rapporto tra concedente e concessionario, nella misura in cui costituisce l’elemento di valutazione della convenienza economica che l’operazione può avere per il concessionario. Esso rappresenta, pertanto, una sintesi – e un punto di equilibrio in termini pecuniari – fra beneficio arrecato al titolare della concessione e la soddisfazione dell’interesse pubblico connesso all’esercizio di attività istituzionali da parte della stazione appaltante. Il tutto dovrebbe avvenire anche sulla base di una preventiva analisi economica del servizio e del territorio in ossequio ai nuovi principi del Decreto di riforma dei servizi pubblici di rilevanza economica di cui al Dlgs 201/ 2022.
NT+ Enti Locali & Edilizia” – IlSole24Ore
del 2 Giugno 2023
Ciro D’Aries e Alberto Ventura