Programmazione degli Enti Locali – Il P.I.A.O. (Piano Integrato di Attività e Organizzazione)

Tabella dei Contenuti

Rivoluzione copernicana nella forma più che nei concetti – l’importanza di una vera strategia, di una visione di insieme e di logiche di project management

È tempo di Programmazione – anzi di una “buona Programmazione” – Il PIAO se ben redatto può essere lo strumento giusto per una buona programmazione. Tuttavia, esso richiede una nuova mentalità – organizzativa e non solo – che riesca a “dare un senso e una misurazione” alla intensa attività amministrativa secondo una logica di “project management” orientata verso l’esterno (i cittadini/utenti) con uno sguardo “dal di dentro” grazie alla reingegnerizzazione dei processi.

Premesse

Gli Enti pubblici interessati[1] hanno dovuto riunire nel Piano integrato di attività e organizzazione tutta la programmazione che fino a oggi veniva inserita in piani differenti.

Il PIAO sostituisce tutta una serie importante di atti che sono obbligatori per le PA. In particolare, confluiscono nel PIAO, i piani:

  • delle performance;
  • della prevenzione della corruzione e della trasparenza;
  • dei fabbisogni di personale;
  • organizzativo per il lavoro agile (o POLA)[2].

Cosa importante è la soppressione del terzo periodo dell’art. 169, comma 3-bis TUEL con la conseguenza che il Piano dettagliato degli Obiettivi (di cui all’art. 108 co. 1 TUEL) e il Piano della Performance (di cui all’art. 10 D.Lgs. n. 150/2009) non sono più unificati nel PEG, che resta un documento strettamente connesso al Bilancio Previsionale nella parte esclusivamente “monetaria”, ma diventano parte integrante del nuovo PIAO con il quale si avvia una riorganizzazione del sistema di pianificazione nelle Amministrazioni Pubbliche.

L’obiettivo principale della riforma è stata la semplificazione delle procedure di programmazione nelle PA, per garantire trasparenza, maggiore efficienza, efficacia e servizi migliori.

Il PIAO prevede gli strumenti e le fasi per raggiungere:

  • la piena trasparenza dei risultati dell’attività e dell’organizzazione amministrativa,
    gli obiettivi in materia di contrasto alla corruzione, secondo quanto previsto dalla normativa vigente in materia e in conformità agli indirizzi adottati dall’Autorità nazionale anticorruzione (ANAC) con il Piano nazionale anticorruzione;
  • l’elenco delle procedure da semplificare e reingegnerizzare ogni anno, anche mediante il ricorso alla tecnologia e sulla base della consultazione degli utenti. Nonché la pianificazione delle attività, inclusa la graduale misurazione dei tempi effettivi di completamento delle procedure effettuata attraverso strumenti automatizzati;
  • le modalità e le azioni finalizzate a realizzare la piena accessibilità alle amministrazioni, fisica e digitale, da parte dei cittadini ultrasessantacinquenni e dei cittadini con disabilità;
  • infine, le modalità e le azioni finalizzate al pieno rispetto della parità di genere, anche con riguardo alla composizione delle commissioni esaminatrici dei concorsi.

Un Nuovo Format e un Nuovo Approccio Logico-Organizzativo che Valorizzi l’Esistente

Innanzitutto si tratta, come visto, di “assorbimento” in un unico documento di altri documenti già adoperati dagli Enti Pubblici; tuttavia, la “soppressione” dei precedenti documenti a favore del nuovo documento programmatico, non può prescindere da una visione circolare – già preesistente – tra Programmazione-Gestione-Controllo che deve e dovrà essere la milestone su cui incentrare l’azione amministrativa, a prescindere dal “contenitore”.

Il “contenuto”, infatti, è l’anima che deve connotare un’azienda pubblica per la quale ha senso parlare di “Performance aziendale” e di “Performance individuale” e dove un Obiettivo strategico, del DUP, deve essere stratificato all’interno degli altri documenti gestionali (PEG, Piano delle Attività e Piano delle Performance Individuali), abbracciando i diversi Controlli interni e arrivando a “rendicontare” – alla fine e durante – ciò che l’amministrazione ha realizzato rispetto a quanto programmato.

Il Piano ha durata triennale e deve essere aggiornato annualmente; con esso occorre definire:

  1. gli obiettivi programmatici e strategici della performance secondo i principi e criteri direttivi di cui all’articolo 10 del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150, stabilendo il necessario collegamento della performance individuale ai risultati della performance organizzativa;
  2. la strategia di gestione del capitale umano e di sviluppo organizzativo, anche mediante il ricorso al lavoro agile, e gli obiettivi formativi annuali e pluriennali, finalizzati ai processi di pianificazione secondo le logiche del project management, al raggiungimento della completa alfabetizzazione digitale, allo sviluppo delle conoscenze tecniche e delle competenze trasversali e manageriali e all’accrescimento culturale e dei titoli di studio del personale, correlati all’ambito d’impiego e alla progressione di carriera del personale;
  3. compatibilmente con le risorse finanziarie riconducibili al piano triennale dei fabbisogni di personale, di cui all’articolo 6 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, gli strumenti e gli obiettivi del reclutamento di nuove risorse e della valorizzazione delle risorse interne, prevedendo, oltre alle forme di reclutamento ordinario, la percentuale di posizioni disponibili nei limiti stabiliti dalla legge destinata alle progressioni di carriera del personale, anche tra aree diverse, e le modalità di valorizzazione a tal fine dell’esperienza professionale maturata e dell’accrescimento culturale conseguito anche attraverso le attività poste in essere ai sensi della lettera b), assicurando adeguata informazione alle organizzazioni sindacali;
  4. gli strumenti e le fasi per giungere alla piena trasparenza dei risultati dell’attività e dell’organizzazione amministrativa nonché per raggiungere gli obiettivi in materia di contrasto alla corruzione, secondo quanto previsto dalla normativa vigente in materia e in conformità agli indirizzi adottati dall’Autorità nazionale anticorruzione (ANAC) con il Piano nazionale anticorruzione;
  5. l’elenco delle procedure da semplificare e reingegnerizzare ogni anno, anche mediante il ricorso alla tecnologia e sulla base della consultazione degli utenti, nonché la pianificazione delle attività inclusa la graduale misurazione dei tempi effettivi di completamento delle procedure effettuata attraverso strumenti automatizzati;
  6. le modalità e le azioni finalizzate a realizzare la piena accessibilità alle amministrazioni, fisica e digitale, da parte dei cittadini ultrasessantacinquenni e dei cittadini con disabilità;
  7. le modalità e le azioni finalizzate al pieno rispetto della parità di genere, anche con riguardo alla composizione delle commissioni esaminatrici dei concorsi.

Da cogliere allora – attraverso il PIAO – il senso di una “programmazione totale” – a mò di “mappa strategica” ove riportare, in via “scalare” i seguenti aspetti logici e propedeutici:

  • Obiettivo Strategico = l’impatto che l’azione pubblica potrà avere sulla collettività, in termini di maggiore efficacia e qualità dei servizi, prevedendo a priori degli Indicatori Target verso cui direzionare la gestione (e questo è sicuramente sinonimo di “trasparenza”);
  • Obiettivo Operativo = prevedendo i singoli Obiettivi operativi che derivano da ogni Obiettivo Strategico, in modo che dalla “somma” di tali obiettivi si possa denotare il raggiungimento o meno dell’Obiettivo strategico di riferimento;
  • Azioni Operative Organizzative = con indicazione “di chi fa cosa”, appunto a livello organizzativo, in modo da valutare già a priori l’adeguatezza o meno delle risorse umane rispetto agli obiettivi da raggiungere e di provvedere al riguardo in termini di fabbisogno programmatico e valutando le procedure da semplificare e da reingegnerizzare, tenuto conto, altresì, dell’incidenza del lavoro agile, anch’esso da programmare in vista degli Obiettivi aziendali.

Un PIAO che rispecchi tale metodologia non sarà sicuramente una “sommatoria” di preesistenti documenti ma costituirà uno strumento efficace per una vera Programmazione “del tutto”: del “valore” a favore della collettività[3], della valutazione a priori degli assetti organizzativi e procedurali necessari per tale strategica, dei risultati attesi su cui – già durante la gestione e alla fine della gestione, anche di mandato – ogni amministrazione dovrà essere accountable, ossia trasparente, evitando ogni fenomeno di opacità e corruttivo.

In questo nuovo approccio strategico-organizzativo non bisogna tralasciare l’importante ruolo del Sistema dei Controlli Interni, tra cui il Controllo Strategico, il Controllo di Gestione e il Controllo della Qualità dei Servizi[4] che dovranno affiancare e sostenere le scelte amministrativo-pubbliche, quali strumenti di guida direzionale per il raggiungimento degli obiettivi programmati.

Riprendendo quanto sopra illustrato in termini Obiettivi e Azioni, è molto importante poter sviluppare comunque una “mappa strategica” dell’Ente con tutti i suoi Programmi e Progetti, e sviluppare – per ciascuno dei Progetti che compongono un Programma – tutta la “catena” logico-organizzativa” che consenta di illustrare cosa si intende raggiungere (obiettivi) e in che modo, secondo quali tempi e risorse e con Indicatori “Chiave”, possibilmente “target”, secondo una logica di “project management”, di cui si dirà infra, e richiesta dalla normativa di cui al PIAO.

PIAO & SISTEMA DEI CONTROLLI INTERNI

Il Concetto di “Valore Pubblico”

Il PIAO incentra l’attività della sua redazione sul principio di “Valore Pubblico”[5] secondo cui esso “si rinviene nel nuovo modo di concepire i percorsi di miglioramento delle amministrazioni pubbliche e, in particolare, dello loro performance”.

Infatti, quando in un’amministrazione pubblica tutte le unità organizzative riescono a raggiungere le performance organizzative in modo eccellente erogando servizi di qualità (output), grazie ai contributi individuali (input) dei propri dirigenti e dipendenti, maggiore sarà la probabilità di conseguire le performance istituzionali di cui al DUP e in generale della Programmazione strategica dell’Ente di riferimento.

L’eccellenza organizzativa, tuttavia, deve essere tesa a creare “Valore Pubblico”, ossia ad aumentare il benessere reale della collettività amministrata (outcome), e non sarebbe comunque riproducibile laddove l’ente non riuscisse a salvaguardare le proprie condizioni di sopravvivenza e sviluppo.

Per “Valore Pubblico” deve intendersi il miglioramento del livello di benessere sociale di una comunità amministrata, perseguito da un ente capace di svilupparsi economicamente facendo leva sulla riscoperta del suo vero patrimonio, ovvero i valori intangibili quali, ad esempio, la capacità organizzativa, le competenze delle sue risorse umane, la rete di relazioni interne ed esterne, la capacità di leggere il proprio territorio e di dare risposte adeguate, la tensione continua verso l’innovazione, la sostenibilità ambientale delle scelte, l’abbassamento del rischio di erosione del Valore Pubblico a seguito di trasparenza opaca (o burocratizzata) o di fenomeni corruttivi e non può prescindersi da una rilevazione reale della realtà amministrata.

 Già da tempo, studiosi della P.A. avevano trattato di “creazione di valore” quale parametro di valutazione dell’azione amministrativa.

Importante sarà sempre più, grazie anche all’introduzione del PIAO, l’analisi e la misurazione della creazione di valore che si è realizzata grazie all’attività amministrativa, quale fase finale per una valutazione complessiva delle performance della P.A., in un’ottica del cittadino/utente.

Se per le imprese commerciali il valore creato può essere rappresentato principalmente dall’utile di esercizio (e oggi non solo da quello), nel caso degli enti pubblici assume grande valore segnaletico anche la “distribuzione della spesa” tra i diversi portatori d’interesse e come essa ha contribuito alla creazione di valore sul territorio. 

Innanzitutto occorre individuare i gruppi di stakeholders che – per la generalità degli enti territoriali – possono essere così rappresentati:

  • Le risorse umane;
  • Gli altri enti pubblici, quali comuni, comunità montane, consorzi di comuni;
  • Le associazioni di cittadini, gli enti e i privati;
  • Le imprese e gli enti fornitori di opere, beni e servizi;
  • Le associazioni di imprese;
  • Le imprese e gli enti in cui l’ente partecipa;
  • Le istituzioni pubbliche, la Regione di appartenenza, lo Stato;
  • Il sistema bancario e finanziario.

Se la “creazione di valore” da parte di un ente pubblico territoriale possa essere interpretato come capacità di esercitare un ruolo economico e sociale, come capacità di “fare rete” per produrre Capitale Sociale fruibile, utilizzabile dalla collettività e dai suoi attori, il valore di tale capitale sociale è progressivamente importante e rilevante più si allontana da interventi occasionali, straordinari, contingenti, per trasformarsi in patrimonio fruibile nel tempo e duraturo, come arricchimento:

  • nelle strutture
  • nelle infrastrutture
  • nel sapere
  • nei comportamenti collettivi

in un’ottica prospettica di garanzia del futuro del territorio e dei suoi abitanti.

L’esame di tale Capitale deve essere esaminato da un punto di vista sia quantitativo, considerando una opportuna riclassificazione della spesa per aree, sia considerando le caratteristiche qualitative della spesa e del suo contributo allo sviluppo, collegandosi ai principali programmi, questi ultimi scaturenti dalla pianificazione strategica dell’ente.

Una misura della creazione di valore – ovvero di contribuzione alla dotazione di capitale sociale sul territorio dell’ente – sarà rappresentata dalla spesa, diretta nonché quella attratta e attivata dall’ente, per:

  • Infrastrutture
  • Iniziative Culturali e Formative
  • Servizi Sociali e alla Persona
  • Attività Economiche
  • Attività Istituzionale.

In generale, tuttavia, se si considera l’ente pubblico quale azienda che attraverso la combinazione di diverse risorse (finanziarie, umane e strumentali) produce servizi alla collettività, è evidente che il consumo delle risorse stesse deve essere efficiente in un’ottica di liberalizzazione delle stesse a garanzia di un miglioramento continuo della qualità dei servizi offerti alla collettività e di un maggior numero di servizi, soprattutto alla persona e di carattere immateriale ed indiretto, cui la società odierna ha bisogno[6].

Abbiamo visto come risulta primario il ruolo dell’ente quale co-attore dello sviluppo economico e sociale del territorio; per garantire ciò è necessario puntare innanzitutto verso una crescita culturale del capitale umano che opera nell’ente, a partire dai responsabili politici agli operativi attraverso i dirigenti, e soprattutto su una oculata gestione delle scarse risorse economiche a disposizione.

È in tal senso che il controllo di gestione potrà essere utile per il monitoraggio della gestione in termini efficienti, garantendo da un lato il coinvolgimento del personale a tutti i livelli verso il raggiungimento di obiettivi validi e – dall’altro – l’adozione di politiche gestionali utili per garantire una economicità di gestione che esprima nel contempo capacità di raggiungimento degli obiettivi programmati e accrescimento di valore per la collettività amministrata.

Quando si ha “creazione di valore”

  1. Costi sostenuti inferiori rispetto ai proventi sostenuti (analisi per Obiettivo, Servizio e/o Centro di Costo) o, comunque, minori costi a parità di condizioni quali-quantitive;
  2. Riduzione del livello di imposizione fiscale a carico del cittadino a parità di prestazioni quali-quantitative;
  3. Miglioramento della “qualità della vita” del cittadino in termini:
    • Ambientali
    • Riduzione dei tempi
    • Aumento dei Servizi di “qualità” direttamente o indirettamente offerti dall’Ente, compresi quelli destinati alla persona (socio-sanitari, istruzione, formativi, culturali, ecc.)
  4. Capacità dell’ente di attrazione di “risorse esterne” da destinare alla politica di sviluppo permanente;
  5. Capacità dell’ente di aggregare risorse e partecipazione di altre istituzioni ed enti e/o privati per la redazione di specifici programmi e progetti utili allo sviluppo del territorio;
  6. Investimenti “produttivi” in termini di utilità per la collettività con misurazione in termini efficacia (= capacità di realizzazione in tempi accettabili) e di efficienza (= con minori risorse possibili)

All’interno dei Controlli Interni, il controllo di gestione potrà assumere una duplice valenza: quella di misurazione ed analisi di carattere più contabile relativo ai servizi, ai centri di costo e agli obiettivi gestionali, e quella di supporto al controllo strategico e al processo di valutazione del personale dirigente. Quest’ultima valenza appare indispensabile per assicurare alla pianificazione e alla programmazione dell’ente scelte gestionali adeguate in un’ottica di “creazione di valore” come sopra interpretata.

Un Approccio Operativo al PIAO

Affinchè il Piano non sia semplicemente una “sommatoria” di precedenti documenti, ma un documento nuovo di Strategia e di Pianificazione della P.A., è importante sviluppare all’interno degli Enti un approccio di “Project Management”.

Con “Project Management” (P.M.) si intende l’insieme delle attività aziendali, volte all’analisiprogettazionepianificazione e realizzazione degli obiettivi di un progetto, gestendolo in tutte le sue caratteristiche e fasi evolutive, nel rispetto di precisi vincoli di progetto[7].

Secondo indicazioni di carattere internazionale[8], il project management è l’applicazione di conoscenze, attitudini, strumenti e tecniche alle attività di un progetto al fine di conseguirne gli obiettivi.

Il project management moderno è una cultura che viene soprattutto dall’esperienza derivante dalla gestione di progetti “complessi”, e, sicuramente, la gestione di una P.A. non è cosa semplice ma richiede una cultura aziendale profonda tale da superare burocrazia e approcci formali, indirizzandosi verso il concreto raggiungimento di finalità pubbliche.

Grazie al P.M. è possibile “architettare” l’insieme di attività o sistemi, metodologie o approcci e strumenti con la funzione principale di raggiungere gli obiettivi del progetto restando all’interno del perimetro costituito dai vincoli, comunque, presenti e da rispettare, solitamente: legislativi, le risorse finanziarie, il tempo e lo scopo (nel senso anche della qualità) e una data organizzazione; la sfida secondaria – ma non meno ambiziosa – è quella di ottimizzare l’allocazione delle risorse e integrare gli input necessari a raggiungere gli obiettivi definiti.

Le “sfide”, o le “complessità” di cui ai singoli Progetti devono essere portate avanti risolvendo i problemi e mitigando i rischi che ciascun progetto, in misura diversa, troverà comunque lungo la sua strada[9].

Il punto di partenza è pertanto, ad avviso di chi scrive, avere una visione di insieme di quanto occorrerà fare, partendo dalle finalità strategiche di cui al DUP e cercando di collegare il “tutto” da un punto di vista operativo: Obiettivi operativi, Organizzazione, Azioni prioritarie, Indicatori di vario genere e gestione dei processi di controllo interno.

Conclusioni

È tempo di programmazione e l’utilità di un approccio di Project Management all’interno della PA è sicuramente l’occasione per trasformare – grazie al PIAO – documenti formali in veri strumenti utili a “creare” utilità per la collettività.

Per fare questo occorre un cambio di mentalità, uno sforzo addizionale di capacità organizzativa e voglia di approdare ad interrogativi gestionali quali “a che cosa serve effettivamente spendere risorse pubbliche”, predeterminando output ed outcome attesi.

Solo quel “valore” che potrà essere individuato prima della spesa aiuterà organizzativamente a fare qualcosa di utile per se stessi e per gli altri.

Che giunga finalmente questo nuovo approccio culturale aziendale, soprattutto in periodi in cui le risorse (in generale) sembrano essere sempre più scarse.

[1] Il Piano Integrato di Attività e Organizzazione è stato introdotto nel nostro ordinamento dall’art. 6 del D.L. 80/2021 e s.m.i. e riguarda tutte le Pubbliche Amministrazioni di cui all’art. 1 co. 2 D.Lgs. n. 165/2001 con più di cinquanta dipendenti; sono escluse le scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative. Il presente articolo riguarderà soprattutto argomenti e concetti più aziendali e meno legislativi, quale guida alla corretta impostazione del nuovo strumento che nelle intenzioni del Legislatore vuole introdurre “semplificazione” verso, comunque, obiettivi misurabili nell’interesse della Collettività amministrata. Pertanto più che adempimenti formali occorre che le Amministrazioni interessate sviluppino e adottino tecniche “interne” atte a realizzare le vere finalità legislative del nuovo PIAO più che la sua “semplice” compilazione che non può essere vista quale semplice “sommatoria” di documenti preesistenti e satellitari all’interno della Programmazione e Gestione degli Enti Pubblici.

[2] Sono, altresì, soppressi il Piano delle azioni concrete (art. 60-bis co. 2 D.Lgs. n. 165/2001), il Piano del razionale utilizzo delle dotazioni strumentali (art. 2 co. 594 lett. a) L. n. 244/2007) e il Piano delle azioni positive (art. 48 co. 1 D.Lgs. n. 198/2006).

[3] Il nuovo concetto legislativo introdotto con il PIAO, di “valore pubblico”, in realtà costituisce la “creazione di valore” – concetto già noto – che una P.A. è stata in grado di offrire alla propria collettività di riferimento – e, quindi, ai diversi Stakeholders – in termini di sviluppo economico, sociale e culturale rispetto ad un periodo iniziale di riferimento (in genere a partire dalla decorrenza del mandato politico di un’amministrazione). Lo sviluppo, in questi termini, dovrebbe costituire la vera e principale finalità di una P.A. a cui deve tendere come sforzo addizionale rispetto ad una mera attività amministrativa. Quest’ultima deve costituire una “leva” e uno strumento per conseguire veri obiettivi, quest’ultimi da programmare secondo logiche di project management, evitando l’improvvisazione o la gestione day by day, per orientare tutta quanta l’amministrazione (organizzazione, processi, attività, risorse, ecc.) verso tali obiettivi. Come si vedrà meglio nel prosieguo del presente articolo, tutto ciò richiede un’adeguata preparazione, capacità di negoziazione tra visione politica e vertici organizzativi, precisa strumentazione e adeguati processi interni. In tal senso il PIAO racchiude, nei suoi intenti, tutti questi aspetti che denotano vera capacità programmatica e misurazione di “valore pubblico” nell’interesse della collettività, in un’ottica di trasparenza e buon uso delle risorse pubbliche.

[4] È utile ricordare come gli altri Controlli interni previsti dalla riforma di cui al D.L. n. 174/2012, trasfusa nel TUEL, riguardino il Controllo sugli Organismi Partecipati, il Controllo degli Equilibri Finanziari e il Controllo della Regolarità Amministrativo-Contabile. Il Controllo sugli Organismi Partecipati, essendo rivolto alle attività e al controllo del raggiungimento degli obiettivi assegnati dalla P.A. Socia ai propri Organismi, racchiude, di fatto, tutti gli aspetti affrontati nel presente articolo, in un’ottica di “Gruppo Amministrazione Pubblica” in cui gli Organismi rappresentano lo “strumento operativo” per il raggiungimento di finalità pubbliche programmate dall’Ente stesso.

[5] Tra le varie Sezioni e Sottosezioni del Piano si ricorda quella relativa al “Valore Pubblico, Performance e Anticorruzione”, e quella relativa alla “Organizzazione e Capitale Umano”.  

[6] Si pensi a servizi legati alla creazione di opportunità nel mercato del lavoro, attraverso lo stimolo dell’incontro tra domanda e offerta, alla politica di formazione culturale, allo sviluppo e coordinamento di corsi per la conversione di personale disoccupato, al sostegno psicologico e sociale ai giovani adolescenti, ecc..

[7] Cfr.: https://it.wikipedia.org/wiki/Project_management

[8] Project Management Institute, Guida Al Project Management Body of Knowledge, 3ª ed., Project Management Institute, 2003, ISBN 1-930699-22-0.

[9] In generale, se nelle aziende private viene introdotta una o più figure dedicate e specializzate dette project manager, nella Pubblica Amministrazione, sarà importante sviluppare e potenziare il Sistema dei Controlli Interni, secondo quanto sopra illustrato, costituendo all’uopo un Comitato per la Programmazione e i Controlli, quale Unità Organizzativa Strategica utile alla visione di insieme della Programmazione-Gestione-Controllo e di “feed-back e feed-forward” della gestione, unendo la visione politica a quella gestionale, in un’ottica negoziale continua verso il raggiungimento degli Obiettivi programmati.

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