L’assenza dei requisiti dell’in house providing non consente l’esercizio dell’attività di centrale di committenza

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Il caso riguarda l’acquisto da parte di un Comune di una quota di partecipazione di una società consortile pluri-partecipata.

L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, nell’ambito del suo potere di controllo a tutela della concorrenza e del mercato (articolo 21-bis della legge 287/1990), ha espresso un complesso parere (Parere AS1829 pubblicato sul bollettino n. 16/2022) riguardo l’acquisto da parte di un Comune di una quota di partecipazione in una società consortile, pluri-partecipata, a cui dovevano essere affidati, secondo la modalità dell’in house providing, servizi di committenza (articoli 37 e 38 del Dlgs 50/2016), evidenziando criticità e obbligando la società a rimuovere le violazioni della concorrenza riscontrate.

Le criticità accertate dall’Agcm

L’articolo 37, comma 4 del Codice degli Appalti prevede che, se la stazione appaltante risulti essere un Comune non capoluogo di provincia, come nel caso di specie, tra le diverse modalità consentite per l’acquisizione di beni, servizi o lavori, è previsto il ricorso a una centrale di committenza o a soggetti aggregatori qualificati ovvero, in forma diretta ad organismi in house providing, a condizione che ne ricorrano i presupposti.

Sul tema l’Autorità ha potuto constatare come il procedimento istruttorio avanzato dal Comune fosse non rispettoso e, alquanto, lesivo della concorrenza, per violazione degli articoli 5, comma 5, 38 e 39 del Dlgs 50/2016 nonché dell’articolo 2, comma 1, lettere c) e d) del Tusp. Tra le violazioni più rilevanti individuate – attinenti alle modalità di esercizio del controllo analogo congiunto nonché alle condizioni dell’offerta del proponente – si segnalano le seguenti:

  1. rappresentatività dei soci pubblici nell’organismo in house: nel caso di specie l’amministrazione risulta essere affidata ad un Cda composto da tre membri, due dei quali scelti dall’assemblea tra i non soci e uno designato da un soggetto privato, a sua volta partecipato da soggetti pubblici; ciò appare in contrasto con l’articolo 5, comma 5, del Codice Appalti laddove si prevede che gli organi sociali siano composti da rappresentanti delle amministrazioni aggiudicatrici;
  2. composizione del comitato per il controllo congiunto: nel caso in esame tale organo si compone di soli tre membri a fronte di una elevata pluralità di soci; ciò costituisce – per l’Autorità – un elemento critico in termini di effettiva rappresentatività della volontà del complesso dei soci;
  3. modalità del controllo analogo: lo stesso appare solo formale, in quanto le attività attribuite alla competenza dell’apposito apparato dedito all’esercizio congiunto del controllo da parte dei soci non consentono agli stessi di intervenire, in concreto, sulle decisioni strategiche e più rilevanti della società, rappresentando le medesime solo un intervento ex post rispetto all’attività di gestione;
  4. corrispettivo per l’affidamento dei servizi di committenza: si deve, ritenere che non possa essere richiesta – come invece appare nel caso in esame – l’erogazione di un corrispettivo da parte del concorrente aggiudicatario, poiché quest’onere si ripercuote anche sull’offerta, dato che «riduce la possibilità degli stessi concorrenti di formulare la propria proposta in maniera pienamente libera, incidendo sulla capacità di elaborare una proposta tecnica ed economica che sia concretamente espressione di scelte imprenditoriali vincolate unicamente dalle esigenze tecniche della stazione appaltante, dalla base d’asta formulata e dalle convenienze dello stesso concorrente» (Tar Campania, Salerno, sentenza n. 1/2021).

Le osservazioni dell’Agcm

Alla luce delle evidenti criticità riscontrate negli atti procedurali attinenti l’affidamento diretto del caso in esame, l’Agcm, anche richiamando i consolidati principi giurisprudenziali, ha voluto – tra l’altro – nell’ambito del parere – sottolineare gli elementi imprescindibili per gli affidamenti in house providing, ossia:

  1. 1. è necessario, ai fini della rappresentatività dei soci pubblici sul soggetto in house – articolo 5, comma 5, lettera a) del Dlgs 50/2016 – che venga espressamente previsto che i membri del consiglio di amministrazione siano scelti soltanto tra i rappresentanti delle amministrazioni pubbliche socie;
  2. per «controllo congiunto» deve intendersi un esercizio “condiviso”, ovvero una modalità di gestione da parte dei soci pubblici controllanti, anche mediante la previsione di specifici patti parasociali e/o l’istituzione di organi speciali (Corte di Giustizia Ue, sentenza 29 novembre 2012 C-182/11 e C-183/11), caratterizzata da un effettivo coordinamento delle decisioni, affinché degli interessi pubblici perseguiti da ciascuno degli enti partecipanti si faccia sintesi nell’interesse pubblico “comune” perseguito dalla società nell’esecuzione del servizio;
  3. la mera attività di monitoraggio e/o controllo ex post non può ritenersi di per sé elemento idoneo a consentire al socio pubblico di esercitare congiuntamente un’influenza dominante sugli obiettivi strategici e sulle decisioni più significative della società.

NT+ Enti Locali & Edilizia” – IlSole24Ore
del 10 Maggio 2022

Ciro D’Aries e Alberto Ventura

 

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